La sindrome da burnout è stata descritta per la prima volta nel 1974 ed è diventata un tema sempre più attuale, soprattutto per chi lavora sotto stress. In parole semplici, si tratta di un disagio sia fisico che mentale che nasce quando ci sentiamo sopraffatti da troppe richieste, sia sul lavoro che nella vita di tutti i giorni. Quando le esigenze che ci vengono imposte sono più grandi delle energie che abbiamo a disposizione, il nostro corpo e la nostra mente possono iniziare a risentirne, portando a uno stato di affaticamento e stress continuo.

Se non facciamo qualcosa per migliorare come ci sentiamo, rischiamo di arrivare a un punto di esaurimento. E questa fase è davvero pericolosa, perché può portare a problemi di salute più seri, come l’ipertensione. Spesso, il sovraccarico al lavoro non è l’unica causa: ci sono persone che hanno già delle condizioni sub-cliniche, ancora “latenti”, che non sono ancora state diagnosticate ufficialmente. Ma se si sottopongono a stress intensi, queste condizioni possono riattivarsi e diventare evidenti, mettendo a dura prova il nostro equilibrio.

Quando e come si manifesta

È una condizione patologica che, stando a quanto si trova in letteratura, colpisce maggiormente gli operatori in campo medico – sanitario. Inizialmente si manifesta con delusione, debolezza psico-fisica, apatia, nervosismo ed insonnia. Molto in fretta però, da questi sintomi aspecifici, si possono sviluppare patologie che includono l’interno organismo. A livello psicologico si possono sviluppare sindromi ansioso-depressive, poca voglia di affrontare il lavoro, difficoltà a relazionarsi con esso. Quattro fattori predisponenti per l’insorgenza sono:

  • Poca libertà decisionale per la circostanza che stiamo affrontando
  • Basso salario a fronte dell’alto carico di lavoro richiesto
  • Basso livello di formazione lavorativa, quindi le persone non sono pronte a ricoprire determinati ruoli aumentando i livelli di stress
  • Assenza di attività extra-lavorativa sana ed appagante

Quest’ultimo è, forse, il punto più importante in quanto al suo interno troviamo lo sport, la qualità di vita sociale ecc. Con un buon bilanciamento di questi aspetti, è possibile sviluppare l’energia necessaria per reagire alle prime tre condizioni appena osservate.

Come interviene l’osteopatia

L’osteopatia può davvero fare la differenza, ma spesso è necessario cambiare completamente il proprio stile di vita. Per questo, è importante adottare un approccio multi-disciplinare che aiuti la persona a prendersi cura di sé stessa. Da sempre si parla di un legame stretto tra corpo e mente: pensate che anche Ippocrate, già nel 404 a.C., diceva che “non c’è malattia separata dalla mente”. Oggi, questa idea si rafforza grazie alla Psico-Neuro-Endocrino-Immunologia (PNEI), una scienza che studia le relazioni tra corpo e mente e come si influenzano a vicenda. Grazie a questa, sappiamo che il trattamento manuale può aiutare a modulare la produzione di alcuni ormoni, come il cortisolo, conosciuto anche come l’“ormone dello stress”.

Come sempre l’approccio osteopatico non si avvale di protocolli predefiniti. Il ragionamento clinico però segue in tutti i pazienti un filo comune, ovvero, ristabilire la mobilità persa e bilanciare il tono del sistema nervoso autonomo (SNA). L’obiettivo finale è diminuire il dispendio energetico dell’organismo, per far fronte più efficacemente alle richieste psico – fisiche di cui abbiamo parlato prima. Se pensi che stai attraversando un periodo difficile e ti senti stanco non esitare a contattarci. Insieme potremo costruire il piano terapeutico giusto per te e potrò consigliarti qualche esercizio per ricaricarti!!

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